Notizie dal fronte – 8: desolazione

A ventidue anni, mi sembra, accettai di ad andare da una psicologa, non perché ci credessi o perché fossi realmente intenzionato a guarire, ma solo per far stare più tranquilla mia mamma ed evitare discussioni, in fondo si trattava solo di un’ora alla settimana e per quanto non sia stato semplice, riuscii ad inserirla nello schema della giornata.
All’epoca una fresca delusione amorosa mi aveva convinto che i miei problemi fossero esclusivamente legati a quell’aspetto dell’avita, ho sempre avuto grande difficoltà a capire quando fossi innamorato realmente della persona e quando invece della situazione in sé, di questo ideale chiamato amore.
Ho sempre dovuto rincorrere ogni cosa nella vita, adesso le prime cotte si hanno quasi in tenera età, ma io fino ai diciotto/vent’anni non potevo permettermi di lasciarmi andare, rappresentava un rischio troppo grande e una delusione quasi scontata. Ero soffocato dai canoni dettati dalla società i quali dicevano che un ragazzo grassottello non poteva desiderare alla pari degli altri, anche se ormai non l’ho ero più, ma le immagini che si portano nella testa fanno fatica a scomparire.
Il problema è che per molti anni ho passato il tempo a idealizzare l’amore, attribuendogli più significato di quanto già non ne avesse. Per me questo sentimento ha sempre rappresentato il tutto, il traguardo della vita e non avevo neanche le idee chiare, perché ero radicato ancora a quell’idea che la prima ragazza di cui ci si innamora potesse essere quella definitiva.
Senza dubbio in quel momento la delusione amorosa di cui parlavo nel corso delle sedute mi pareva quanto di peggio potesse accadermi, il tutto enfatizzato e ingigantito dal mio modo di idealizzare l’amore, portandomi a credere che non avrei mai più avuto un’occasione.
Questo argomento rubò molto tempo e distolse l’attenzione dal nocciolo della questione, che in realtà non è chiaro neanche ora, ma sicuramente non era quello il problema principale considerando che la mia malattia aveva visto la sua alba ben prima di incontrare questa ragazza.
Aveva però rafforzato la mia idea di non poter essere accettato per quello che sono, e se da un lato preferivo la solitudine, dall’altro pretendevo che senza far nulla le cose potessero cambiare e che un giorno, magicamente, un’ipotetica lei si potesse bussare alla porta di casa presentandosi come la donna della mia vita.
Avete presente l’ambientazione dei film Io Sono Leggenda, The Day Afther Tomorrow o, meglio ancora, quella de Il Corvo? Ecco, è come mi sentivo io, una città desolata, decadente, in rovina, ormai perduta e abbandonata da tutti.
Come può qualcuno aver voglia di vivere in una città dove non c’è più nulla, tra le macerie, dove regna solo desolazione, distruzione e disperazione?
Quello ero io, era l’impressione che davo, era quello che trasmettevo agli altri, e quindi per quale ragione una persona avrebbe potuto desiderare di starmi vicino?
Mi rimaneva solo mia mamma, un pensiero rassicurante quanto terrificante, perché rendeva perfettamente l’idea della mia condizione di non vita, di come mi stessi chiudendo in me stesso, non perché la cosa mi facesse piacere, ma perché non avevo alcuna alternativa e in qualche modo dovevo difendermi.

Consiglio musicale: Slow Chemical

Dedicato a chi si crede solo/a

Continua…

Puntate precedenti:
Notizie dal fronte – 1: guardando nel buio
Notizie dal fronte – 2: l’inizio del tunnel
Notizie dal fronte – 3: stereotipi
Notizie dal fronte – 4: restrizioni
Notizie dal fronte – 5: schemi
Notizie dal fronte – 6: il lento suicidio
Notizie dal fronte – 7: il tempo della bilancia